Si sente sempre più spesso parlare di vino biologico, ma vi siete mai chiesti cosa significa e quali caratteristiche deve rispettare?

In questo articolo riassumeremo brevemente le caratteristiche del vino biologico e la relativa normativa di riferimento per fornire qualche strumento per riconoscere le etichette utilizzate per questa particolare tipologia di vini.

Cos’è un vino biologico e cosa prevede la normativa?

Per essere qualificato come vino biologico devono essere innanzitutto rispettate alcune caratteristiche in merito all’uva utilizzata per la produzione del vino e al processo di vinificazione; una volta prodotto nel rispetto di quanto precede, i produttori dovranno ottenere il necessario rilascio di certificazione di conformità da parte di enti certificatori a ciò preposti.

Di particolare rilevanza in materia è il Regolamento 848/2018/UE (e i relativi atti attuativi), all’interno del quale – infatti – sono contenute le norme per la produzione del vino nonché le pratiche enologiche e le restrizioni previste in materia. Il Regolamento in esame è entrato in vigore nel 2021 sostituendo, da quel momento, la precedente normativa (ossia il Regolamento 834/2007/UE nonché il Regolamento di esecuzione della Commissione 889/2008/UE).
Assume poi una particolare rilevanza il Regolamento di esecuzione 1165/2021 della Commissione che autorizza l’utilizzo di taluni prodotti e sostanze nella produzione biologica e stabilisce i relativi elenchi.

Più nello specifico il vino deve essere prodotto unicamente con uve biologiche e senza l’impiego di organismi geneticamente modificati e nel corso del processo di vinificazione devono essere utilizzati solo i processi enologici e i processi autorizzati ai sensi della normativa di cui sopra. In particolare, sono concessi: i trattamenti termici purché la temperatura non superi i 75 °C e la centrifugazione e filtrazione, con o senza coadiuvante di filtrazione inerte purché la dimensione dei pori non sia inferiore a 0,2 micrometri.

Nel corso della produzione di un vino biologico sono, invece, espressamente vietate le pratiche che prevedono:


– la concentrazione parziale a freddo;
– l’eliminazione dell’anidride solforosa con procedimenti fisici;
– il trattamento per elettrodialisi per garantire la stabilizzazione tartarica del vino;
– la dealcolizzazione parziale del vino;
– il trattamento con scambiatori di cationi per garantire la stabilizzazione tartarica del vino.

L’Allegato V del Regolamento 848/2018/UE contiene poi delle specifiche disposizioni in merito ai prodotti e alle sostanze autorizzati per l’uso nella produzione di alimenti biologici trasformati.
In particolare, è previsto che il tenore massimo di anidride solforosa non debba superare 100 mg/l per i vini rossi e i 150 mg/l per i vini bianchi e rosati. Per tutti gli altri vini, il tenore massimo di anidride solforosa fissato è ridotto di 30 mg/l.
Per i vini biologici, quindi, sono previsti dei livelli di anidride solforosa inferiori rispetto a quelli previsti per le altre tipologie di vino.

Per quanto non disciplinato dai citati regolamenti si applica, invece, il Regolamento 2019/934, il quale disciplina – tra le altre – le pratiche enologiche autorizzate e le restrizioni applicabili in materia di produzione e conservazione dei prodotti vitivinicoli.

Come si riconosce l’etichetta di un vino biologico?

In aggiunta a quanto previsto per l’etichettatura dei vini, in relazione alla quale trovate maggiori dettagli in questo articolo, per i vini biologici è prevista una normativa ad hoc, contenuta nel Capo IV del Regolamento 848/2018/UE.

In particolare, accanto alla previsione per cui possono essere utilizzati termini riferiti alla produzione biologica solo se la produzione biologica è conforme a quanto disposto dal citato Regolamento e – quindi – solo se il vino rispetta i requisiti richiesti dalla normativa, ci sono delle ulteriori indicazioni qualificate come obbligatorie.

Nello specifico, le indicazioni obbligatorie sono:

  • il numero di codice dell’autorità di controllo o dell’organismo di controllo cui è soggetto l’operatore che ha effettuato l’ultima operazione di produzione o preparazione e il logo di produzione biologica dell’Unione europea;
  • l’indicazione del luogo in cui sono state coltivate le materie prime agricole di cui il prodotto è composto e, in particolare, dovrà essere apposto: a) «Agricoltura UE», quando la materia prima agricola è stata coltivata nell’Unione; b) «Agricoltura non UE», quando la materia prima agricola è stata coltivata in paesi terzi; c) «Agricoltura UE/non UE», quando le materie prime agricole sono state coltivate in parte nell’Unione e in parte in un paese terzo.

Le indicazioni obbligatorie devono essere indelebili e apposte in un punto evidente, in modo da essere facilmente visibili e chiaramente leggibili.

L’articolo della rubrica “Sos Etichetta” è curato dal team IP&Adv di DGRS Studio Legale: Ilaria Gargiulo, Margaux Falzone, Giulia Bolis e Carlotta Ghielmi.

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